Il 1° agosto 1944 gli americani sono fermi alle porte di Pisa. La città è spezzata in due dai ponti crollati, che la separano a nord e a sud. A nord ci sono i tedeschi. Schegge impazzite, dirà qualcuno, assassini in fuga che hanno già cominciato da molti giorni a saccheggiare le case rimaste vuote dagli sfollati. La città è semideserta per il coprifuoco imposto ai pochi abitantio rimasti. Sui tetti e fra gli abbaini, si nascondono gli ultimi renitenti alla leva. Anche in via Sant’Andrea, nella porzione occupata dai tedeschi, gli abitanti restano al riparo nelle loro case. In questa strada vicino alla Sinagoga, c’è il palazzo di Pardo Roques. Ebreo sefardita, ex pro-sindaco di Pisa, benefattore ricco e generoso, nella strada molte case gli appartengono. Alcune le affitta, in altre gli inquilini bisognosi vivono senza pagare nulla. In città è conosciuto e rispettato, Commendatore o Parnàs (come viene appellato da ebrei e cristiani, soffriva di una malattia psichica che lo costringeva ad evitare le strade. Aveva paura di cani immaginari, lupi aggressivi e bestie feroci, che allontanava col bastone in un gesto spesso oggetto di scherno da parte dei ragazzini che lo incontravano. Quando dopo l’8 settembre del 1943, gli ebrei quelli che possono, quelli che capiscono il pericolo, fuggono, Pardo Roques rimane nel suo palazzo. Fino alla tragedia. Sarà trucidato insieme ad altre 11 persone dai tedeschi in fuga. Un italiano indicò la casa ai suoi assassini, ma fu assolto per insufficienza di prove. Una strage rimasta impunita. In questo episodio raccontano la storica Carla Forti e Fabrizio Franceschini direttore del Centro Interdipartimentale di Studi Ebraici dell’Università di Pisa. E i testimoni, intervistati negli anni ’90 dalla stessa Carla Forti per la realizzazione del suo libro “Il caso Pardo Roques” con lo storico Michele Luzzati.