Il racconto della strage
I fatti: è il 7 luglio 1960. Cinque giovani reggiani, Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri e Afro Tondelli, vengono uccisi dalla polizia. I militari avevano sparato sulla folla dei militanti, che partecipavano allo sciopero generale proclamato dalla Camera del Lavoro contro il governo del democristiano Fernando Tambroni appoggiato dagli ex fascisti del Movimento Sociale Italiano.
La premessa: La prefettura, su indicazione di Tambroni, aveva proibito tutte le manifestazioni di piazza, autorizzando un comizio solo all’interno della sala Verdi del teatro Ariosto. Uno spazio troppo piccolo per contenere le migliaia di giovani arrivati a manifestare.
La cronaca: un gruppo di operai delle Officine Meccaniche Reggiane con migliaia di alri manifestanti si erano comunque riuniti davanti al monumento ai Caduti, nella piazza, cantando canzoni di protesta.
Alle 16.45 350 poliziotti al comando del vice-questore Giulio Cafari Panico con i carabinieri, comandati dal tenente colonnello Giudici, caricano i manifestanti, che inseguiti dalle camionette, dai getti d’acqua e dai lacrimogeni, cercano rifugio nel vicino isolato San Rocco, tentando riparo ovunque possibile e rispondendo alle cariche con lancio di oggetti. I militari impugnano le armi da fuoco e cominciano a sparare.
Il racconto: Vera Paggi ha incontrato 60 anni dopo il fratello di Ovidio Silvano Franchi, sopravvissuto alla strage, che ha dedicato la vita a chiedere giustizia per il massacro. Un racconto in prima persona con Massimo Storchi, direttore del Polo Archivistico del Comune di Reggio Emilia, Mimmo Franzinelli storico e autore con Alessandro Giacone, del volume 1960. L’Italia sull’orlo della guerra civile?” (Mondadori, 2020) e Carlo Smuraglia, partigiano e politico, all’epoca avvocato di parte civile al processo per la strage, per ricostruire il clima di quei mesi nell’Italia del primo dopoguerra, ancora dolente e divisa.